“Amici nella vita, insieme per servire”
2001/2002
Leo Club Pescara
Bellissimo incontrare un PD del proprio Leo Club! Forse anche per questo con Emanuele la conversazione andava sempre a finire lì: cos’era il Leo Club Pescara? Come lavorava? Quali persone erano dentro? Ci siamo salutati, ma nel mio cuore era fortissimo il desiderio di poterlo rivedere alla prossima riunione di Club, fra tutti i soci di oggi, pronto a raccontarci di un vecchio-nuovo service da sperimentare insieme.
Siete i Presidenti Distrettuali dal 1996 ad oggi è con te arrivò quasi alla metà.
Spero di esserti utile come gli altri, perché io non ricordo nulla!
Le domande che faccio abitualmente, mi piacerebbe variarle un po’ con te che sei l’ultimo PD di Pescara prima di me, ecco cerchiamo di seguire il nostro Club. Cominciamo presentandoti.
Sono Emanuele Pardi, ex socio del Leo Club Pescara. Dopo l’esperienza Leo mi sono trasferito a New York per alcuni anni, tornato in Italia, oggi gestisco una residenza antica a Manoppello, trasformata in ristorante. Ho 2 figli con mia moglie, conosciuta nei Leo (come spesso capitava!).
Dai, racconta di più sul vostro incontro.
Ero Presidente Distrettuale, la vidi durante una delle mie scorribande nella zona di Forlì e poi ci conoscemmo meglio durante una riunione di Circoscrizione romagnola: era del Club di Ravenna, tirata dentro a forza da Mambo e Turoni.
Invece tu come sei entrato nei Leo?
Il Club di Pescara era un Club anzianotto, all’epoca: tanti ragazzi erano arrivati alla conclusione per limiti d’età, molti altri si candidavano ad uscire; mio padre era sempre stato un Lions e mia madre in particolare riuscì a mettere insieme 10-15 ragazzi per ricostituire il gruppo. All’epoca seguivo ‘i grandi’ nel Distretto, ma la mia dimensione era in particolare quella di Club; fu col Nazionale di Lecce che scoprii finalmente la dimensione più ampia dell’associazione.
Continuiamo a parlare di Pescara… Anch’io entrai in un momento di rinnovo, ma non so fino a che punto abbia funzionato la nostra ricostituzione.
Anche per noi non fu una soluzione decisiva, perché da quel grande gruppo venne fuori una piccola comitiva di 3-4 ragazzi: fummo noi a diventare lo zoccolo duro del Club.
Aiutami a capire quali attività avete fatto negli anni. In una città come Pescara, ho sempre trovato difficoltà a trovare qualcosa che ci rendesse riconoscibili. Mi sembra sempre di perderci in mezzo all’enormità della proposta.
Te lo posso dire anche alla luce della mia esperienza lavorativa, non è per niente facile organizzare eventi, anzi è davvero difficile. Devi trovare la formula giusta, il pubblico giusto, il prezzo vincente. C’è una certa diffidenza, fra l’altro.
Come Club cosa avete fatto?
Eravamo davvero molto forti nelle raccolte fondi, in cui abbiamo ottenuto degli ottimi numeri. Realizzavamo dei service di Club, magari legati ai Temi Operativi Distrettuali: ad esempio passavamo giornate in pediatria a Pescara per giocare coi bambini. Poi le classiche vendite in piazza per i Temi Operativi Nazionali, con gli oggetti che di anno in anno cambiavano.
In che modo riuscivate a fare delle belle raccolte fondi?
Noi ci davamo degli obiettivi, cercavamo di capire quanto esattamente avremmo potuto piazzare da soli e poi calcolavamo un altro po’ per le vendite in piazza. Ma anche le feste andavano molto bene! Io da Presidente di Club decisi di cambiare passo e svecchiare molto la percezione delle nostre attività: così venne fuori la festa sulla motonave Calipso. Già ieri, figurati quanto oggi sia impensabile fare solo conferenze e attività di quel profilo, è un’immagine anacronistica.
E nei Club del nostro Distretto, tu come ti trovavi?
Era un momento molto particolare, c’era una spaccatura evidente fra Nord e Centro. Anche in occasione della mia elezione a Presidente, ricevetti una certa ostilità e la prima cosa che decisi di fare, fu quella di prendere e coinvolgere in direttivo tutte le persone che mi erano venute contro: pensa che anche nel gagliardetto misi due mani che si stringevano, per me erano il Nord e il Sud riuniti. Se ripenso alla mia annata, sicuramente credo di aver fatto bene insieme al mio staff, forse però ho più affetto per l’anno da Presidente di Club.
Inizialmente il Club di Pescara non riusciva a farmi sentire coinvolto, ma nel MD ho trovato tanto desiderio di lavorare. Tu come hai vissuto questa esperienza?
La cosa bella dell’essere Leo per me è proprio la dimensione nazionale; se ti perdi quella, sfugge un 80% dell’esperienza. Per legare le persone ai propri Club, penso sia assolutamente necessario portarli fuori.
Ci troviamo ai tavolini di un bar piuttosto lontano dal centro, ma questo non ci impedisce di incrociare Simona, una Past Presidente del Club di Pescara. Immediatamente denuncia ad Emanuele lo smarrimento del ‘librone’, la raccolta dei cerimoniali, ma soprattutto dei ricordi del Club, che i Leo della mia generazione non riescono più a trovare. Iniziano a ricordare le loro avventure e si ricordano delle Distrettuali organizzate a Roccaraso; inevitabilmente finiscono a parlare del Nazionale, del video realizzato per pubblicizzarlo.
Io ero addetto alla sala, perché iniziavo a frequentare il settore, così Mambelli mi disse di seguire i camerieri: finii col chiedere a loro che avevano già preparato tutto di rimettere le sedie a squadra e allineare le posate!
Ricordano i service e mi chiedono a che punto siamo col Club.
Comunque ci vogliono persone che vivono la città, persone conosciute in grado di far esistere il Club e dargli tono. Come gruppo eravamo in grado di delegare, di non essere sempre gli stessi a fare le solite cose. A Pescara diventammo un Club in grado di fare da calamita verso gli altri Distretti: durante il Nazionale di Gaeta ci stampammo le magliette ed io venivo soprannominato il Reuccio di Pescara, perché andavo in giro con delle belle socie: quando ti fai vedere come un gruppo unito, la gente se ne accorge.
Ci salutiamo con Simona, sperando di rivederci durante una riunione di Club con loro per poter dare un po’ di sprint agli attuali soci.
Bellissimo momento! Non vedo l’ora di avervi nel nostro Club. Raccontami il tuo motto.
‘Amici nella vita, insieme per servire’ ed era proprio questo il concetto con cui vivevamo la nostra vita di Club, l’amicizia era la dimensione che preferivamo.
E in tutto questo, qual era lo stato del Distretto?
La Romagna era molto forte, faceva un po’ gruppo a sé: Ravenna, Forlì e Faenza spiccavano per le loro attività. Mentre nelle Marche la situazione era un po’ statica, il Club di Ancona lavorava in una dimensione locale, mentre Anna Marcelletti e Gaia Tedesco lavoravano sodo per il loro territorio a Macerata. In Abruzzo, Avezzano aveva costituito un piccolo gruppo che però non riuscì ad andare avanti, Teramo era una realtà molto locale che non riusciva a funzionare, bene. Poi avevamo Chieti e L’Aquila, mentre in Molise il Club di Isernia che arrancava.
Cosa pensi di aver imparato grazie ai Leo?
Penso che siano i ruoli di responsabilità a regalarti di più: impari come gestire le persone, le risorse economiche e ti confronti con persone adulte dalle carriere avviate (una sorta di esperienza prelavorativa), sono anche le prime responsabilità che hai verso gli altri, da studente universitario, e devi dare conto a persone che non sono i tuoi genitori!
Si sono creati dei bellissimi legami, abbiamo trovato degli amici che manteniamo tuttora, qualcuno ha incontrato la sua compagna o il suo compagno!
Ho imparato che c’è tanto bisogno di persone che si occupino degli altri, questo ti sensibilizza anche all’attività altrui nel campo della beneficenza.
Ultima domanda: dopo tante domande che hai ricevuto, ti chiedo di ricambiare rivolgendone una a me.
Come pensi di far rinascere il Club di Pescara? E poi, quando io ero PD il desiderio era quello di staccarsi dal mondo Lions, oggi come la gestiresti questa situazione?
Parliamo del nostro Club: ogni volta che mi capita di percorrere le strade di Pescara, noto l’Aurum, la Pineta, il Museo del Mare e mi viene da dire: ‘Come fare a portare persone qui?’. Ecco, ci manca una cosa fatta bene e ripetuta anno per anno. Penso che questo ci porterebbe a tanto più lavoro di gruppo e stabilità.
Ti anticipo una considerazione sui Lions: perché tanti Lions e così pochi Leo? Qualche volta bisognerebbe chiedersi se il programma Leo stia funzionando, perché siamo pochi eppure facciamo l’impossibile nel tentativo di portare persone nei Club: non dovrebbe essere così, niente affatto.
Ecco la considerazione conclusiva. Grazie ai Lions ho avuto modo di vivere una meravigliosa esperienza in Etiopia e ora il nostro progetto principale guarda proprio all’Africa. Penso che sia tutta lì la grande opportunità: una progettualità condivisa, che possa migliorare anche il lavoro dei nostri ragazzi.
Non si parla di progettualità, ma del modo stesso in cui i Lions concepiscono il programma: ecco, da questo punto di vista penso si possa ancora fare molto per raggiungere grandi risultati.
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